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Il
bivacco Alessandra Boarelli ai Laghi delle Forciolline sulla Sud del Monviso
Un
bivacco è come una barca a vela in mezzo al mare, è una piccola scialuppa di
salvataggio per salvarsi la vita, un nido accogliente dove rifugiarsi al sicuro,
un osservatorio in quota, un luogo di contemplazione e di meditazione dove
immergersi nella natura e ritrovare noi stessi... queste sono le metafore dalle
quali è nato il “nostro” bivacco.
Il
concetto della dura “lotta con
l’Alpe”, che ha caratterizzato i nostri (i miei) anni giovanili come
inevitabile sinonimo di fatica, sofferenza, disagio e scomodità può essere
“aggiornato” e riletto, almeno per queste strutture, alla luce dei materiali
e delle tecnologie più avanzate e anche dei nuovi modi di intendere
l’alpinismo di oggi.
L’occasione
ci è stata offerta dalla Comunità Montana ValleVaraita che con fondi propri,
europei e privati, si è proposta di realizzare una struttura di rilievo ai
piedi della parete sud del Monviso sulle tracce dello storico punto dove bivaccò
Quintino Sella durante la prima ascensione italiana al “re di pietra” il 12
agosto 1863 e anche la Signora Alessandra Boarelli (cui
il nostro bivacco è stato dedicato) già l’anno precedente durante il suo
primo sfortunato tentativo e successivamente il 16 agosto 1864 quando con la
quattordicenne “damigella” Cecilia Fillia, realizzò la prima salita
femminile del Monviso.
L’ambiente
è …bellissimo, aspro ed incontaminato in quanto l’accesso ormai classico
alla via normale (la sud), che peraltro su questo versante di Varaita si svolge,
per uno di quegli strani scherzi della storia che a volte accadono, con la
costruzione del rifugio Q. Sella al Lago Grande di Viso, avvenuta nel
1905, si è spostato pressochè completamente sul versante della Valle
del Po.
Questa
conca isolata d’alta quota che racchiude i laghi delle Forciolline[1]
(“le Mait” ovvero “le madie” di
Viso nel dialetto occitano) con le loro rocce levigate dal movimento dei
ghiacci, le pareti incombenti, le pietraie dove i resti di un muro a secco
ricordano il fallito tentativo ottocentesco di realizzare un rifugio e la
presenza di un grande roccione al riparo del quale, da sempre, hanno sostato gli
alpinisti che salgono il Viso da questa valle, sprigiona una suggestione
incredibile dove l’aspetto affascinante ed orrido al contempo, di romantica
memoria, si fondono come per magia.
Con
il progetto abbiamo voluto realizzare qualcosa che non si “inserisse” ma
semplicemente si “affacciasse” in questo ambiente in silenzio, con profondo
rispetto e in punta di piedi.
Da
queste premesse nasce il nostro
“bivacco” pensato come un piccolo “modulo spaziale”, un “LEM” posato
su otto piedi, autonomo, temporaneo come una tenda ma al contempo un riparo
estremamente sicuro e funzionale appunto come una barca a vela, sagomato dal
vento d’alta quota, ove poter sostare, riposare e riprendersi dalla stanchezza
o addirittura salvarsi la vita, o anche solo guardare, meditare per ritrovare e
rinnovare il proprio rapporto con la natura.
La
struttura è divisa in tre parti: uno spazio vetrato che serve anche per
immergersi nell’ambiente e vedere di sera il cielo stellato, uno spazio per
dormire “sbirciando” fuori dalle finestrelle anche durante la bufera, uno
spazio per i servizi: il gabinetto interno autonomo (trasferibile
a valle per lo “svuotamento”), lo stanzino per la raccolta dei rifiuti e
quello per l’impianto fotovoltaico (batterie,
survoltore, etc.), il magazzino di “rispetto” per il materiale di
soccorso e la radio del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico
collegabile direttamente con la Centrale Operativa del 118 di Torino con la
semplice pressione di un pulsante.
Tutto
questo contenuto nei suoi circa 30 mq di superficie con grande volume d’aria e
spazi estremamente “vivibili” per i suoi 12 posti letto.
Le
caratteristiche costruttive sono una struttura in acciaio e legno con il guscio
esterno foderato con lamiera di zinco-titanio e l’interno rivestito con legno
di “cirmolo”[2],
a più strati alternati con una intercapedine per la continua circolazione
perimetrale dell’aria e l’eventuale rinnovo, a comando, di quella interna
oltre alla ventilazione specifica realizzata su ciascuna finestra per eliminarne
la condensa; l’uso di materiali isolanti di alta tecnologia[3],
un impianto sperimentale per la produzione solare di un minimo di aria calda[4]
e il già richiamato impianto fotovoltaico in grado di rispondere a tutte le
esigenze di illuminazione, ventilazione meccanica del gabinetto, alimentazione
della radio, delle eventuali attrezzature mediche di soccorso e della
segnaletica notturna per l’atterraggio dell’elicottero, oltre ai 220V
necessari per i lavori di ordinaria manutenzione.
Il bivacco è stato preventivamente realizzato (e montato) a valle, successivamente smontato è stato trasferito in quota, rimontato e completato sul posto.
N.B. Durante l'esecuzione dei lavori non si è verificato alcun incidente.
Dati
tecnici.
I
Laghi delle Forciolline si trovano nel Comune di Pontechianale in alta Valle
Varaita (cn).
Altitudine:
2825 m. s.l.m.
Coordinate
IGM: 32T0348662 – 32T04946046
Committente:
Comunità Montana Valle Varaita
Responsabile
del procedimento: geom. Domenico
Barbero
Progetto
e D.L.: arch.ti Giorgio Rossi
– Saluzzo (cn) ed Enrico Cornaglia – Venasca (cn)
Responsabile
della sicurezza in fase di progetto e di esecuzione: arch. Luca Perona
Ditta
Appaltatrice: Impresa Comotto
– Savigliano (cn)
Ditta
sub appaltatrice: Impresa Campra
rocciatori di Duilio Campra – Sampeyre (cn)
Imprese
collegate:
-
fratelli Boerio –
Sampeyre (cn) per la struttura, i particolari e l’arredo in legno
-
Falcone – Villafalletto
(cn) per la struttura in ferro
-
Helitech – per i
trasporti in quota
-
Sasso – Cuneo – per
la progettazione e costruzione dell’impianto elettrico
-
Tallone – Caraglio (cn)
– per il rivestimento con lamiera di zinco titanio
Inizio
lavori: 24 giugno 2003
Ultimazione
lavori: 09 giugno 2004
NOTE:
[1] Si tratta di vari laghetti glaciali raccolti in un grandioso anfiteatro morenico racchiuso fra aspri contrafforti rocciosi su cui domina la cima del Monviso.
[2]
Il legno del pino cembro proviene dal bosco dell’Allevè che si attraversa
salendo al bivacco dalla frazione Castello di Pontechianale
[3]
Compreso uno strato riflettente.
[4]
Parete “Trombe”.